Baba Yaga: le recensioni

E' PROPRIO "FARINA" DEL SUO SACCO
(Nedo Ivaldi, presentazione a un'anteprima a Rapallo, 26 maggio 1973)

Lo ricordiamo ancora giovane cineamatore dedito però, già allora, a ricerche inusitate in campi inquietanti - un suo film di fantascienza, Si chiamava Terra, vinse un premio a Montecatini (la Cannes/Venezia del cineamatorismo italiano) nel 1965 - poi documentarista impegnato in descrizioni ben precise: i fumetti, ancora la fantascienza, Sandokan, Buzzati, mentre attingeva esperienza e nuove fonti d'ispirazione nella pubblicità (a Torino - la sua città - presso lo Studio Testa). Ecco, in succinto, quella che potrebbe essere la "scheda" di Corrado Farina (classe 1939) approdato ora "felicemente" (ma quanta fatica, quante amarezze e desideri... rimasti tali!) al secondo lungometraggio, dopo la prima prova nel 1971 con Hanno cambiato faccia, un film ancora acerbo nell'impianto narrativo, ma che esce dai soliti schemi produttivi di collaudata maniera proponendoci una vicenda insolita, popolata di "vampiri" dai connotati contemporanei e che all'antico nome, Nosferatu, hanno solo aggiunto un "ing." che li colloca tra i " potenti " senza scrupoli della nostra civiltà consumistica, dediti al culto della potenza economica fine a se stessa.

Dalla " fantasociologia " al " fumetto-onirico ": con questo Baba Yaga, Farina gioca ancora in casa portando sullo schermo i personaggi continuamente rivisitati - sulla rivista " Linus ", in volumi " ad hoc ", nella grafica pubblicitaria, ecc. - di Valentina e della sua antagonista, la perfida Baba Yaga.

Insomma una delle nostre più note e diffuse " comic stories " ha avuto la sua brava trasposizione filmica, e Guido Crepax, il creatore di queste storie fantascientifiche non prive di riferimenti culturali, non può non esserne contento.

Basta che ci si soffermi su tanti piccoli, ma importanti particolari del film di Farina, per cogliere la ricchezza dei riferimenti al mondo delle "strips" di Crepax: per tutti basta citare la sequenza dell'amplesso amoroso giocata sull'accostamento disegno/fotogramma in un flusso continuo di primi piani che risolvono in modo nuovo, originalissimo, uno dei momenti topici di quasi tutti i film d'oggi giorno ove il sesso impera, e la noia dello spettatore dilaga nella visione di scene stereotipe.

A proposito di sesso - e in una storia, poi, che ha come protagonista Valentina, qui interpretata da una deliziosa Isabelle de Funés (nipote del noto comico francese ) - c'è da dire che la sua presenza, copiosa-affascinante-inquietante-seducente, è però sempre sorvegliata dallo stimolo sottile dell'intelligenza, dalla presenza vigile di un "ordinatore" che se ne serve per quanto basta, e nulla più, rifiutando a priori ogni morbosità (anche la scena della fustigazione è casta), quasi a significare che il nudo e la sessualità sono valori, o disvalori, alla pari di tutti gli altri. Tutto sta nell'uso che se ne fa: ecco allora Baba Yaga (Carroll Baker) che se ne serve in modo distorto per corrompere e per piacere personale, ben diversamente da Valentina che ne fa un uso sempre funzionale, in modo naturale e semplice. Il film descrive un mondo inquietante e allucinante, dal quale emergono fantasmi che a ben guardare sono ancora presenti al giorno d'oggi insieme a quelli del passato: ricordo quello dell'ufficiale prima nazista e poi prussiano, con grinta feroce e monocolo, impersonato dallo stesso regista che si concede un vezzo usato da qualche "grande", come, ad esempio, Hitchcock che, com'è noto, appare di sfuggita in tutti i suoi film.

La contemporaneità è rappresentata dal luogo in cui sono girati gli esterni, Milano, una città che divora se stessa con un ritmo frenetico, e dove "la storia di una strega che vive nella Milano di oggi - ha dichiarato il regista - rientra pienamente nella sfera dei miei interessi. La strega è un personaggio archetipo, un personaggio simbolico, che rappresenta il passato; Milano rappresenta il presente e l'avvenire. Già questo contrasto stimola abbastanza la mia fantasia". Un film e un autore insoliti, dunque, che rendono meno grigio il panorama del nostro cinema dandogli stimoli e interessi nuovi, originali che è doveroso sottolineare e analizzare specialmente quando ci vengono da giovani registi che cercano di costruirsi un loro stile ed una loro poetica nella giungla infida e piena di trabocchetti della produzione cinematografica nostrana.


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