Baba Yaga: le recensioni

Baba Yaga
Anno: 1973
Label: Shendene & Moizzi - collana Demoni & streghe
(Alex Stellino, in occasione dell'uscita in videocassetta, 2000)

Valentina Rosselli passa dalla carta stampata alla celluloide in questa piccola opera pop che non mancherà di piacere a tanti. Farina dissemina il racconto del rapporto di attrazione/repulsione tra la fotografa milanese e la misteriosa Baba Yaga del titolo di accenni alla contestazione filtrati da un intellettualismo che oggi fa abbastanza ridere ma che in realtà ha impregnato tutta la 'rivoluzione' sessantottina. Meglio le Cinquecento bianche che pattugliano la villa circondata dalla nebbia di Giovanni Nosferatu in Hanno cambiato faccia. Del film precedente Baba Yaga condivide temi e motivi, come l'onnipresente pubblicità e la prostituzione dell'artista (in Hanno cambiato faccia il critico cinematografico asservito al sistema, qui l'auto commiserazione di Arno/George Eastman). Le somiglianze tra i due film arrivano solo fino a un certo punto: dove Hanno cambiato faccia era un apologo cinico e pessimista sulla società dei consumi, Baba Yaga in fondo non è che una favola, nera ma pur sempre una favola e come tale va considerata.

Umiliani non contribuisce con uno dei suoi score migliori e se il film avrebbe necessitato forse di toni musicali più onirici, lo accompagnano invece pezzettini beat poco incisivi e fraseggi di piano che vorrebbero essere la controparte sonora della presenza misteriosa della Baker. I fondamentalisti islamici delle versioni integrali si accontentino di questa edizione video in widescreen e sappiano che i vari tagli (il lungo prologo prima dei titoli di testa, il famigerato nudo della Baker e altri sparsi) vennero effettuati alla fonte, in fase di montaggio e in sede di censura.

Proprio i problemi incontrati durante la distribuzione del film convinsero un deluso Farina ad allontanarsi dal cinema. Peccato.


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