Lo scrittore

LA FIGLIA DELL'ISTANTE

1 - I MISTERI DEL CASTELLO

- Chi è là? - gridò l'uomo dai capelli bianchi, fermando il passo e scrutando le tenebre. Davanti a lui, nella notte, si alzava la massa scura della torre d'angolo e gli era sembrato che nel buio si muovesse qualcosa.
La domanda si perse nel silenzio. Solo, dal basso, saliva il mormorio indistinto del fiume che seguiva lento il suo corso.
L'uomo non aveva con sè alcuna luce perché non ne aveva bisogno: ogni sera faceva quel giro di ronda e conosceva a menadito ogni ostacolo e ogni scalino. Ma adesso... Trattenne il respiro, mentre il cuore accelerava i suoi battiti.
- Chi è là? - ripetè. La voce, ulteriormente salita di tono, era anche diventata più stridula: si avvertiva in essa la vibrazione della paura - C'è qualcuno?
Questa volta, una risposta ci fu: una risata breve, secca come un ramo spezzato.
- Qualcuno, sì... - rispose il buio - ... qualcuno che aspetta proprio te, Jean Masoero!
L'uomo dai capelli bianchi vacillò, come colpito in pieno petto da una palla di schioppo.
- Jean... Masoero? - balbettò - Io non mi chiamo...
- Non sprecare il tempo a mentire, Jean: te ne resta così poco, ormai...!
Frusciarono nel silenzio alcuni passi lenti, attutiti dalle foglie cadute dagli alberi e rimaste lì a macerare. Più che vederlo, nel buio, l'uomo intuì l'avvicinarsi dell'altra persona e fece un passo indietro, andando a sbattere contro uno dei merli del camminamento.
Una sagoma scura gli fu vicino, senza peraltro arrivare a sfiorarlo. Se avesse alzato un braccio l'avrebbe toccata, ma non lo fece: forse inconsciamente sperava che si trattasse di un incubo e non voleva perdere quella estrema speranza.
- Chi sei? - questa volta la voce fu poco più che un soffio, esalato da labbra divenute di cartavetro.
La luna scelse proprio quel momento per affacciarsi alla sommità della collina. In pochi secondi trasformò in mercurio argentato la corrente del fiume, illuminando il piccolo borgo fortificato che sorgeva sulla riva, la cinta delle mura merlate, la massa sopraelevata della rocca, i tetti delle costruzioni che le si stringevano addosso come pecore adunate sotto l'ombra di un albero. Nel tardo Medioevo non era difficile imbattersi in insediamenti come questo, circondati da boschi e colline, e in caso di guerra da accampamenti di assedianti in armi. Ma questa volta, intorno, non c'erano monti o campagne, nè armature e vessilli, ma solo edifici moderni e grandi viali alberati percorsi da poche notturne automobili. C'era di che restare perplessi, ma la luna, nella sua lunga carriera, aveva visto di tutto e se rimase perplessa non lo diede a vedere. Schivò quindi un paio di nuvole e continuò la sua placida ascesa nel cielo, rivelando il circostante Parco del Valentino e poi l'intera città di Torino.
Una cosa, tuttavia, non riuscì a illuminare: il viso di colui che aveva parlato nel buio e che adesso era diventato una sagoma scura, con indosso un impermeabile dal bavero alzato e un cappello di feltro calato sul viso. Una lunga sciarpa avvolgeva la parte bassa del viso, per poi scendere fino a metà del corpo. Nell'ombra di quella esigua porzione di volto che si intravedeva fra la sciarpa e la tesa del cappello baluginava il riflesso di due pupille nerissime dalle quali usciva come un lampo ardente, una luccicanza di odio.
Nell'incontrare quello sguardo, l'uomo dai capelli bianchi trasalì, come colto da un improvviso sospetto.
- Chi sei? - ripetè con voce spezzata - Come hai fatto a entrare? Prima di sbarrare il portone mi sono accertato che dentro non fosse rimasto nessuno...
- Non è dal portone che sono entrato...
- Da dove, allora? Non esistono altri accessi...
- Ne sei proprio sicuro? - la voce, sorda e grave fino allora, si fece d'un tratto ironica - Hai dimenticato per caso la porta ferrata del sotterraneo?
L'altro sussultò:
- Impossibile...! Quella porta non viene aperta da più di mezzo secolo... e la chiave ce l'ho solo io!
- Questo è ciò che tu credi, Jean, ma il tempo evidentemente appanna i ricordi... Guarda!
Lo sconosciuto estrasse dalla tasca e avvicinò al viso del vecchio una grossa chiave di ferro. Nel vederla, gli occhi di questi si dilatarono per un subitaneo terrore, quasi stessero per uscire dalle orbite.
- Chi sei? - chiese per la terza volta.
Con un solo movimento l'uomo si tolse il cappello e si abbassò la sciarpa, rivelando alla luna le fattezze di un volto bello ma segnato dagli anni:
- Mi riconosci, Jean?
La faccia del vecchio si scompose, le sue pupille si dilatarono, le sue braccia si tesero. Un urlo lacerò il silenzio della notte:
- No!... No!!!... Non è possibile!... Tu sei morto!... Sei morto da mezzo secolo!
- Anche i morti ritornano, Jean... soprattutto se hanno lasciato dei conti in sospeso...!
L'uomo dai capelli bianchi scivolò a terra e si trascinò avanti sulle ginocchia, levando le mani giunte in atteggiamento di supplica.
- Che cosa vuoi da me? - balbettò con voce tronca.
- La sola cosa che tu mi possa dare... la mia vendetta!
Lo sconosciuto alzò le braccia e le sue mani, coperte da guanti di pelle nera, si chiusero intorno al collo del vecchio. Questi tentò inutilmente di liberarsi da quella presa d'acciaio:
- No!... No!!!... Pietà!!!... - rantolò.
Furono le sole parole che riuscì a pronunciare. Poi gli occhi strabuzzarono e dalla bocca spalancata uscì a poco a poco una lingua gonfia e violacea.
Quando il corpo cessò di dibattersi e gli si afflosciò tra le braccia, l'uomo con l'impermeabile fece un passo avanti, spingendolo verso il varco che si apriva tra un merlo e l'altro, poi protese le braccia nel vuoto e allentò la presa. Con un tonfo soffocato, il corpo si schiantò alla base del muro di cinta e rotolò in fondo al fossato, ove giacque immobile, disarticolata marionetta ormai priva di vita.
Per qualche secondo, più nulla si mosse. Poi dai cespugli che fiancheggiavano la riva del fiume emerse il muso di un cane randagio, che ispezionò il territorio circostante, guardingo. Rassicurato, si decise finalmente a lasciare il rifugio in cui sempre passava la notte. Si affacciò al ciglio del fossato, osservando colui che lo aveva preso a calci e male parole ogni volta che tentava di entrare nel Borgo Medioevale. Con cautela scese la china erbosa, si avvicinò al corpo e gli girò intorno annusandolo; poi gli volse le terga, alzò una gamba e gli pisciò sulla faccia. Pacificato, infine, ritornò nel suo cespuglio a dormire.

(1 - continua)

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