Un posto al buio: le recensioni

"Un posto al buio", di Corrado Farina
Il libro prende avvio presentandoci paragrafo per paragrafo, capitolo per capitolo, i personaggi che daranno vita alla storia. Cosicché già un po' li conosciamo quando essi, in posti disparati, apprendono della morte dell'imprenditore Lorenzo De Angelis travolto dall'intercity Torino - Milano, condotto (pare di rivedere alcune scene de La bestia umana di Zola) da Giovanni Pautasso, macchinista, e da Serafino, il suo aiutante di origine meridionale, che poi non ritroveremo più. È con questa scena, infatti, che si apre il libro. Prende spicco subito la figura della bella biologa Carola Fontanesi, corteggiata un po' da tutti, ma particolarmente da Amedeo Bertorelli (in cui non è difficile intravvedere la figura dell'autore), prezioso braccio destro di Federico Poggi, proprietario di Telepiemonte. Intanto ci accorgiamo che l'autore ha assegnato ad ogni capitolo il titolo di un film, facendoci ricordare, così, che egli è anche un regista, e infatti il mondo del cinema e dello spettacolo ha parte esclusiva nel romanzo, rivelando il grande amore di Farina per quest'arte (si veda il bel capitolo XIV, uno dei migliori del libro, con un invidiabile incipit). La struttura appare sin dall'inizio nitida. Dopo averci in qualche modo presentato i personaggi principali della storia, che si svolge a Torino, dove l'autore è nato nel 1939 e alla quale si rivolge spesso con accenti malinconici che prendono atto di un degrado inarrestabile della città, questi protagonisti cominciano a muoversi, ciascuno per conto proprio, ma in modo concentrico, alla ricerca delle cause della morte di Lorenzo De Angelis. Già a questo punto si comincia a respirare l'atmosfera del giallo e le prime emozioni di una suspence che ci accompagnerà per tutto il libro. Non mancano, quando se ne presenta l'occasione, osservazioni sulla società civile, mettendone in risalto spesso contraddizioni e degenerazioni. Questo modo di procedere, tuttavia, così frazionato, può creare qualche fastidio in un lettore non troppo attento, sbiadendo i contorni di alcune situazioni e personaggi, che richiederanno ogni volta uno sforzo della memoria per essere recuperati. Se proprio vogliamo essere pignoli nei confronti di questo giallo ben costruito e che si assesta e si delinea al suo meglio quando ci si avvicina alla parte finale, si annota qualche incertezza nei dialoghi iniziali, che in qualche caso hanno alcuni passaggi di troppo; nonché - se non abbiamo preso un abbaglio - un inspiegabile comportamento di Amedeo Bertorelli, il quale, dopo aver portato Carola nel cementificio di Caretto dove ha scoperto - proprio lui - il camion che ha le tracce dell'impatto con l'auto del De Angelis, si meraviglia allorché Carola a pag. 87 formula l'ipotesi che qualcuno abbia intenzionalmente commesso il delitto. Quel suo: "Ma sei matta?!", insomma la sorpresa fin troppo esagerata che manifesta Amedeo, in realtà non è possibile, e la successiva pag. 91 nelle ultime righe lo conferma: "In lui si era risvegliato lo spettatore di tanti film di avventura e di intrigo, e più ci rifletteva più la cosa gli sembrava possibile." E perché, ci si domanda, non si era risvegliato al momento della scoperta del camion? Ma questi peccati veniali, se ci sono, nulla scalfiscono nella trama e nel ritmo di questa storia che si fa sempre più serrata dal momento in cui, nel capitolo XIII, fa la sua comparsa il commissario Silvestro Catalano. Ma saranno soprattutto la bella Carola e il suo spasimante Amedeo a sbrogliare la matassa. (...) Un'ultima annotazione: Farina è bravo a scrivere, e sa trascinarci fascinosamente all'interno di quel mondo, il cinema, che lui conosce così bene ed ama: a tal punto che si deve ammettere che anche nell'assassino, in quella sua passione, c'è un po' del cuore di Farina.

(Bartolomeo Di Monaco, 2002)