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INTERVISTE - JOSE' SARAMAGO

E' successo nel dicembre del 1994: stavo curando un programma video intitolato Il filo d'Arianna, dedicato ad alcuni grandi romanzi della narrativa europea destinati a circolare nelle scuole. Uno di questi era la "Storia dell'assedio di Lisbona" di José Saramago, che all'epoca non avevo mai sentito nominare. Per realizzare il programma fui costretto a leggere il libro e ne rimasi affascinato. Non erano previste interviste agli autori ancora viventi, ma proprio in quei giorni Saramago capitò a Roma, e l'occasione mi sembrò troppo ghiotta per non approfittarne. Lo incontrai quindi e gli feci un'intervista filmata, che però poi, per non creare squilibri fra un libro e l'altro, non fu utilizzata nel lavoro finito. Rimase pertanto inedita, e tale - paradossalmente - rimase anche quando, pochi anni dopo, Saramago vinse il Premio Nobel per la Letteratura.
Poiché nel frattempo sono arrivato a considerare Saramago come il massimo scrittore contemporaneo vivente, mi sembra cosa degna e giusta offrirne almeno il testo ai visitatori di questo sito.

Noi stiamo preparando un servizio sulla "Storia dell'assedio di Lisbona". La prima domanda - d'obbligo - è: in che misura José Saramago è Raimundo Silva?

Questa è una domanda seria perché pone il problema dell'identificazione fra l'autore e il personaggio, qualunque esso sia. In questo mio protagonista c'è un aspetto discreto, sobrio, riservato che è anche mio. Però, per esempio, mi sembra che io non sono un solitario, mentre Raimundo Silva lo è. Ha un certo modo di affrontare la vita un po' scettico, un po' distaccato... non distaccato come uno che si sta allontanando dalla vita ma di uno che prende le distanze per vedere meglio, e credo che questa sia una caratteristica sia di Raimundo Silva che dell'autore del libro. Se lei mi chiede se mi riconosco fino a un certo punto in Raimundo Silva, io direi di sì. Questo non vuol dire che lui sia il mio ritratto completo.

Raimundo Silva abita a Lisbona, José Saramago ha abitato per lunghi anni a Lisbona. Raimundo Silva ha un rapporto con la città abbastanza generico, non ha un particolare odio o un particolare amore. Qual'è il rapporto di José Saramago con Lisbona?

Non credo di avere con Lisbona un rapporto particolarmente forte. La mia Lisbona in fondo è una Lisbona degli anni Quaranta, quella che è rimasta impressa nella mia memoria. Per esempio un altro mio libro, "L'anno della morte di Riccardo Reis", è ambientato nel 1936: e scrivendolo ho capito che di fatto la Lisbona di oggi non mi dice niente, probabilmente perché le trasformazioni sono state troppo rapide e non ho avuto il tempo di assimilarle. In verità credo di essere più in rapporto con il ricordo della città che non con la sua realtà concreta. Ricordo una città che non esiste più, ma che la memoria può ricuperare in qualunque momento.

La parte della Lisbona moderna descritta di più, o più approfonditamente, nella "Storia dell'assedio di Lisbona", è la città vecchia, Alfama, dove il protagonista abita. Mi sbaglio a pensare che José Saramago ama più la città vecchia che non la città moderna, perché la considera più autentica?

Credo che tutti amiamo più le città vecchie di quelle nuove, fatte adesso. La riprova si ha nei turisti che visitano una città che non conoscono: essi non vanno alla ricerca dei quartieri nuovi, ma di quella parte di città che è normalmente riunita, raccolta, concentrata nei quartieri vecchi. C'è anche un'altra ragione, ed è che i quartieri moderni sembrano tutti prefabbricati, tutti simili fra loro, indipendentemente dal fatto di essere in Italia, in Portogallo, in Francia o in Spagna. L'architettura dei quartieri moderni non ha caratteristiche sue proprie, mentre quella dei vecchi centri conserva la storia della città, la cultura della città, la memoria della città.

Questi servizi sui capolavori della letteratura europea noi li impostiamo sul rapporto che c'è tra il libro e un film che ne sia stato tratto - o potrebbe esserne tratto. Allora, la domanda è: se qualche regista dovesse fare la "Storia dell'assedio di Lisbona", quale regista in tutto il mondo le piacerebbe o le sarebbe piaciuto?

Credo che se potessi scegliere fra i vari registi sceglierei Bertolucci, che non conosco, e sempre che lui fosse interessato a farlo.

Pensa più al Bertolucci che passa dal passato al presente e dalla realtà alla fantasia di "Piccolo Budda" o al Bertolucci epico di altri film?

Credo ad entrambi. Nella "Storia dell'assedio di Lisbona" è necessario sapersi muovere nel tempo, passando continuamente dal XII al XX secolo; però allo stesso tempo bisogna saper costruire tutti gli aspetti epici, popolari, di movimenti di masse che ci sono nel libro.

A lei piace il cinema?

Sì, sì, sì... non sono un fanatico, ma suppongo di saper "vedere" un film...

Quando lei scrive, tende a visualizzare ciò che sta per scrivere o sta scrivendo, oppure si affida a un suo flusso di parole, frutto di emozioni e di tecnica di scrittura?

Credo che non ci sia incompatibilità fra le due cose. In effetti, la mia scrittura è caratterizzata da una specie di flusso continuo, però è anche vero che ho assoluto bisogno di visualizzare ciò che sto scrivendo. Ne ho bisogno al punto che per esempio, per un altro libro che ho scritto, "La zattera di pietra" (una parte del quale si svolge in in Spagna, nella provincia di Granada, in una regione quasi desertica) ho voluto fare un viaggio di 1200 km per vedere con i miei occhi lo stato delle cose, la presenza fisica, quasi fisica, delle cose che stavo scrivendo. Forse per questo alcune persone pratiche di cinema dicono che certi episodi dei miei libri sono già in qualche modo dei découpages, che potrebbero essere filmati in sequenza così come sono. Non so quanto sia vero, però dimostra almeno che ho fatto delle descrizioni precise.

Un'ultima domanda: qualcuno dei suoi libri è approdato al cinema o non ancora?

No. Ho ricevuto varie proposte, e anche adesso ce ne sono in aria due o tre, ma provo una certa riluttanza ad accettare l'idea della trasposizione in cinema di un'opera letteraria. Questo non vuol dire che l'idea non mi piaccia a priori. Il fatto è che io di solito non descrivo le fisionomie dei miei personaggi, per lasciare al lettore la possibilità di immaginare a sua discrezione il loro aspetto fisico. Probabilmente sarei il primo a trovare strano vedere nel cinema la loro faccia...

(traduzione dal portoghese di Myra Landau)

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