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Selene bionda meteora

Non vi farò il torto di pensare che qualcuno di voi, oggi, non conosca Barbarella: se c'era ancora qualche ignorante, è probabile che il brutto film di Vadim abbia provveduto a istruirlo.

Nell'estate del 1965, però, delI'esistenza di Barbarella erano al corrente solo quei pochi che avevano avuto modo di acquistare In Francia il libro di Jean-Claude Forest, nonostante i fulmini censori che Io avevano immediatamente colpito. Sparuta, e a livello di intellighenzia, la (oggi ricchissima) saggistica sul personaggio; assenti, nelle edicole. Ie varie eroine fantaerotiche (Gesebel, Alika, Venus, Uranella, eccetera) che successivamente sciamarono dall'Italia nel cosmo.

Poiché, qui in Italia, con la facilità di assimilazione (ma sarebbe meglio dire di plagio) che da sempre ci contraddistingue, furono in molti a pensare di far quattrini con le grazie della figlia di Forest: si trattava semplicemente di trovarle un nuovo nome, per non incorrere nelle ire dell'editore francese, e di battere gli altri sul tempo.

La prima Barbarella italiana che uscì da questa mischia si chiamò Selene, e venne dalla città più conservatrice, meno fantaerotica della nostra scombinatissima penisola: Torino. Riuscì così (poiché da quella parte nessuno se I'aspettava) a prendere in contropiede tutti gli editori milanesi e romani; ma pagò cara questa priorità, poiché non durò che sette numeri, mentre molte delle sue posteriori consorelle sopravvivono ancora oggi, magari tirando l'anima coi denti.

La povera Selene ebbe vita, oltre che breve, anche travagliata, poiché riuscì a bruciare due soggettisti e tre disegnatori nel giro di pochi numeri, prima che la sua casa editrice andasse a carte quarantotto. Potrebbe sembrare presunzione, da parte mia, il parlarvene, poiché fui proprio uno dei due soggettisti. Ma il mio apporto, ahimè, fu assai moderato; e poiché d'altro canto non ritengo che Selene abbia meritato la sua rapida, indecorosa fine, ne vorrei tentare una parziale riabilitazione.

In ogni caso Selene ebbe più qualità di quante non ne abbiano avute Ie successive incarnazioni di Barbarella, che non sono andate oltre un ricalco involgarito dell'originale; iI raffinato profumo dell'erotismo francese diventò, tradotto in italiano, una zaffata di odore di bordello, o, se si preferisce, di cabina di camion; si aggiunga che la maggior parte delle altre ragazzotte spaziali sono risultate dichiaratamente ninfomani, e si comprenderà perché, di tutte queste serie, rimangano da salvare solo alcune allusioni fantapolitiche di gusto più o meno goliardico (iI criminale nazista di Gesebel, i Morok e gli Amintor di Alika).

Selene, invece, fu sostanzialmente una brava ragazza, cui soltanto I'avverso destino imponeva ogni volta di liberarsi di indumenti e di principii: una specie dl Justine, priva però di quella "pruderie" bigotta e di quella scalogna massiccia che caratterizzarono la figlioletta del Marchese De Sade. La solfa, comunque, era sempre quella: Ie donne, i cavalier, I'arme e gli amori di quella "chanson de geste" spaziale che Forest aveva saputo trasformare in "chanson gaillarde".

Selene si contraddistinse subito con una presentazione grafica di gusto, nonostante la sostanziale povertà della sua veste editoriale: il formato quadrato, il criterio di impaginazione e in genere la costruzione grafica testimoniavano la presenza di qualcuno che non doveva essere il solito "negro di redazione". In effetti, iI responsabile all'inizio era un grafico, Marco Rostagno, di cui anni dopo ritrovai il nome tra i premiati di non so più quale edizione del concorso di Lucca. Di Rostagno erano anche, alI'inizio, i disegni, nonostante si celasse sotto lo pseudonimo francesizzante di Paul Savant (Barbarella docebat).

I disegni dl Rostagno furono, probabilmente, la cosa migliore e la croce più pesante dei primi numeri di Selene; erano singolarmente rozzi, ma proprio dalla loro rozzezza traevano alla fine motivo di interesse: costituivano una sfida sfrontata al disegno tradizionale dei fumetti, un po' come quelli che contemporaneamente Guido Crepax incominciava a sfornare (ma la rivoluzione di Crepax riuscì poi ad andare avanti, grazie a più profonde radici estetiche e culturali). L'uso del retino e I'impaginazione delle tavole (questa e quello disordinati, approssimativi e sommari) sortivano un effetto di ricerca grafica originale che a tratti approdava alla suggestione.

Selene - Fiori per Homosapiens Era, forse, un discorso da élite; e lo si accusò nelle vendite dei primi numeri, che furono assai modeste. Probabilmente poi, anche Ie storie (realizzate da un giornalista di nome Parker) ebbero una parte di responsabilità, poiché ammassarono disordinatamente nel giro di tre puntate una quantità di materiale nero-fantascientifico sufficiente per tre anni (dischi volanti, sieri ipnotizzanti, macchina del tempo, castelli barocchi, vampiri, sabba infernali e via di seguito).

A questo punto, Ie storie passarono in mano al sottoscritto, che ebbe il grosso torto di non tagliarsi i ponti alle spalle e di stanziare alcuni numeri per passare gradualmente a vicende diversamente costruite; il progetto, che sarebbe stato valido se Selene avesse avuto una lunga vita davanti a sè, rimase purtroppo irrealizzato causa della brusca interruzione della serie e delle vicissitudini della parte disegni.

Rostagno emigrò verso altre iniziative fumettare (Pupa Gey, una sosia perfetta di Selene, di vita ancor più breve poiché ne uscirono complessivamente tre numeri), e Selene si trovò improvvisamente privata di quella che fino allora, bene o male, era stata la sua base più solida; contemporaneamente, per ragioni da chiarire ancor oggi, i distributori imposero una riduzione di formato, che passò dall'elegante 21x20 al banale, inflazionatissimo "formato libretto".

Selene - Fiori per Homosapiens La botta fu rude, ogni parvenza di eleganza grafica scomparve e i mascherini colorati, applicati disordinatamente, non migliorarono la situazione; per finire, la responsabilità dei disegni venne divisa fra Pietro Palma (figure umane) e Tullio Rolandi (scenografie e accessori). II disegno del primo, tradizionale e corretto fino alla banalità, risultò di gran lunga inferiore a quello del suo predecessore, rozzo e disordinato ma quanto meno personale; quanto al Rolandi, un giovane e geniale architetto torinese appassionato di comics e di fantascienza, necessitò di un certo periodo di rodaggio perché non aveva mai disegnato delle vere e proprie storie a fumetti.

Queste circostanze contribuirono a far sì che Selene crollasse proprio nel momento in cui avrebbe dovuto incominciare a prendere quota, sia sul piano narrativo che su quello grafico. Di questo miglioramento, ormai consegnato al limbo dei fumetti, fanno fede Ie poche tavole sopravvissute dell'ottavo episodio, "Fiori per Homosapiens", che fu annunziato e realizzato ma mai pubblicato.

La storia, la prima che forse non mi sarei vergognato di firmare, portava Selene su un'isola abitata da due fratelli dal carattere diametralmente opposto: uno di loro, scienziato arido e intelligentissimo, dedito al culto della tecnologia, aveva riempito l'isola di macchine mostruose e perfette; l'altro, umanista romantico e sognatore, coltivava fiori sul ristretto lembo di terra non ancora invaso dall'acciaio e dal cemento. In seguito all'intervento di Selene, le macchine impazzite distruggevano l'impero tecnologico del primo e i fiori del secondo ne invadevano, vittoriosi, le rovine fumanti.

Era, questo, un tentativo per uscire dai soliti schemi della fantascienza minorenne; e del livello qualitativo raggiunto dai disegni di Tullio Rolandi sono testimonianza Ie poche tavole rimaste, che appartengono alle sequenze conclusive.

L'équipe di Selene ormai si è sciolta: di Rostagno vidi ancora dei disegni su qualche giornale di Milano; Rolandi prepara per conto suo, fra un progetto e I'altro, un nuovo fumetto di fantascienza. La breve storia di Selene è consegnata alla più lunga storia del fumetto. E Torino ha ricominciato ad essere la più conservatrice, la meno fantaerotica delle nostre città.

(Sgt.Kirk, maggio 1969) Selene - Fiori per Homosapiens


Selene n. 4 - I PADRONI DELL'UNIVERSO
novembre 1965
disegni di Marco Rostagno
in appendice: "Il gran guaio di essere troppo intelligenti" (recensione di Agente Lemmy Caution Missione Alphaville)

Selene n. 5 - I FIGLI DEL SOLE
dicembre 1965
disegni di Marco Rostagno (figure umane) e Tullio Rolandi (sfondi)
in appendice: "I bambini sovrumani che ci danno una lezione di umanità" (recensione di La stirpe dei dannatii)

Selene n. 6 - LA MORTE DAI BIANCHI CAPELLI
gennaio 1966
disegni di Pietro Palma (?) (figure umane) e Tullio Rolandi (sfondi)

Selene n. 7 - L'ODORE DEL SANGUE
febbraio 1966
disegni di Pietro Palma (figure umane) e Tullio Rolandi (sfondi)
in appendice: recensione di La decima vittima



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