www.corradofarina.tk
 
         &nb sp;               Vita di CF, scritta da esso | Lo scrittore | Il regista | Dicono di lui | E-mail      
Lo scrittore

STORIA DI SESSO E DI FUMETTO

I
QUI COMINCIA L’AVVENTURA
DEL SIGNOR BONAVENTURA

L’edificio sorgeva alla base di un erto pendio collinare, e in quella luce livida di prossimo temporale la sua massa incuteva soggezione e paura, come spesso succede ai luoghi in cui si annidano il Potere e coloro che lo gestiscono. Alti muri sbarravano il passo a chi non era desiderato, e uomini armati sorvegliavano il portone di ingresso. Le finestre parevano ferite orizzontali aperte a colpi di frusta o di sciabola sulla facciata disadorna, a un’altezza tale d a impedire ai raggi del sole di penetrare all’interno e a chi stava dentro di trarre conforto e calore dai raggi del sole.
Nel procedere lungo tetri corridoi, lo sguardo sprofondava in precipiti scalette o tentava di inerpicarsi su per strette bocche di lupo nel tentativo di raggiungere qualche sprazzo di luce del giorno; oppure ancora scorreva lungo file di porticine, tutte uguali e tutte ugualmente sbarrate.
Dietro ognuna di quelle porte chiuse si svolgeva un dramma, si compiva il destino di qualche essere umano colà trascinato per rispondere di delitti non sempre commessi, e che il caso aveva precipitato fra gli ingranaggi di un meccanismo spietato. Voci fioche filtravano talvolta attraverso i battenti, ma non era facile distinguere le parole a causa di un rumore sordo e remoto proveniente dal di fuori che aveva incominciato a sgrondare nell’edificio, aumentando rapidamente e diventando frastuono. L’improvviso deflagrare di un tuono che spazzò i corridoi fu la conferma che la tempesta, come una vendetta di Dio, aveva raggiunto e avvolto l’intero edificio.
Malgrado il rumoreggiare della pioggia, scegliendo a caso una delle porte e avvicinandosi ad essa, un visitatore indiscreto e dalle orecchie fini sarebbe forse riuscito a cogliere alcuni brandelli di dialogo:
- Sei nelle mie mani, cagna!... E questa volta non ne uscirai facilmente!
- Te ne approfitti perché sono incatenata, bastardo...
La voce che aveva pronunciato la prima frase sembrava appartenere a una sorta di Accusatore, ma non mostrava traccia di quell’autocontrollo e di quella serena capacità di giudizio che sarebbero auspicabili in chiunque gestisca il Potere; era invece una voce rozza, alterata dalle passioni, gonfia d’ira e di istinti repressi. Al contrario, la voce di colei che gli aveva risposto, e che non ci si sarebbe meravigliati di sentire spaurita e indifesa, vibrava di inaspettata fierezza.
- “L’uomo fa un passo avanti e si sbottona le brache, osservando il corpo nudo e indifeso della fanciulla...”
Una terza voce, maschile, si era aggiunta adesso, inopinatamente, alle prime due. Dal timbro, avrebbe potuto essere quella di un secondo Accusatore, dotato di quell’autocontrollo che mancava al suo collega se non addirittura di una forma di distacco sardonico: ma dalle parole la si sarebbe attribuita piuttosto a qualcuno che assisteva agli eventi anziché parteciparvi, un cronista imparziale anziché un attore del dramma.
- Sei bella, Jessica... - riprendeva intanto la prima voce - Il tuo corpo stupendo eccita in me la lussuria...
- Non ti avvicinare, maiale! Non oserai...
- Oh, sì, invece... e non ti farò rimpiangere il tuo stallone preferito...
- Mi fai schifo... Splù-tt...!!!
- Ah! Questa me la paghi, troia... Sciàf! Sciàf!
- Ahhh!
Un tuono più violento degli altri coprì l’ultimo grido della donna oltraggiata, come se la furia stessa degli elementi volesse ribellarsi a ciò che sentiva. Ma il visitatore indiscreto (in cui, volendo, ci possiamo identificare) aveva già ascoltato abbastanza per sentirsi mosso a curiosità e tentare di aprire la porta: la quale, per fortuna, non era chiusa a chiave e si socchiuse adagio, con un cigolio sinistro ma sommesso, rivelando prima i protagonisti e poi l’intero scenario del dramma.
L’uomo e la donna che stavano parlando erano compostamente seduti su due sedie pieghevoli di plastica bianca. Lui, sulla cinquantina, pelato, indossava un completo di grisaglia grigia, aveva l'aria mite di un impiegato prossimo alla pensione, e nelle pause del dialogo si guardava nervosamente attorno con un paio di occhi cerulei che parevano esprimere una sorta di attonita angoscia per le brutture del mondo. Lei invece era una zitella di mezza età, chiusa in un abito scuro dal taglio severo, con labbra sottili serrate in una smorfia di disgusto e un paio di occhiali saldamente ancorati su un naso più simile a quello di un armadillo che a quello di un essere umano.
L'uomo si schiarì la voce con un discreto colpetto di tosse e riprese:
- Così impari, stronza... E adesso, spalanca le gambe!
Con uno sforzo evidente, la donna indusse a dischiudersi non già le gambe (peraltro coperte fino a sotto il ginocchio dalla gonna del tailleur) bensì le labbra, facendone uscire alcuni suoni di difficile classificazione:
- Oh... ah... Mi fai male... mmm...
- Ti piace, puttana? Non è vero che ti piace?
- Oh, sì... mmm... sì che mi piace... mmm...
- “La fanciulla soggiace alla furia bestiale dell’uomo...”
La terza voce, che adesso interveniva di nuovo, apparteneva a un terzo individuo, seduto accanto agli altri su una terza sedia di plastica. Era più giovane e più corpulento, e indossava un doppiopetto scuro che sembrava aver perso da tempo i contatti con il ferro da stiro, e la cui giacca nessuno sarebbe mai più riuscito ad abbottonare. Un sorrisetto ironico all’angolo della bocca gli conferiva un’aria molto più disinvolta degli altri.
L’ambiente in cui si trovavano i tre personaggi era uno stanzone disadorno diviso in due da una balaustra di legno. Dietro ad essa, su una pedana rialzata, tre persone in toga nera sedevano a un tavolo lungo, e un ometto anziano stenografava veloce a un secondo tavolino in disparte. Nella parte più vicina alla porta c’erano altre sedie di plastica con una ventina di persone in ordine sparso; alla parete, gli unici ornamenti erano rappresentati da un crocefisso in finto legno e da una fotografia incorniciata di Giovanni Leone, Presidente della Repubblica Italiana.
La donna, intanto, aveva ripreso a parlare:
- Oh, sì.... sìììì... continua... dammene ancora di più... ohhh... ahhh...
La sua voce sfociò con qualche fatica in un delta fluviale di vocali strascicate e aspirate, prima di impantanarsi in un silenzio gravido di minaccia. Essa girò una pagina del libriccino che teneva fra le mani, ne girò un’altra ancora e alzò lo sguardo verso uno degli uomini in toga, togliendosi gli occhiali con un gesto deciso:
- Signor Presidente, nelle pagine successive, a parte una serie di immagini la cui natura brutalmente pornografica lei può verificare “de visu” sulla copia che ha agli atti, non ci sono altro che suoni onomatopeici e mugolii animaleschi... Chiedo quindi di essere dispensata dal continuare...
Preso in contropiede, uno dei tre uomini in toga sobbalzò: era un arzillo vecchietto con i capelli bianchi tagliati cortissimi e una mascella accuratamente sbarbata, che aveva ascoltato tutto il dialogo svoltosi fino a quel punto con una partecipazione e un coinvolgimento totali, allargando ulteriormente le orecchie già a sventola e chinandosi un poco in avanti sul piano del tavolo per non perdere una sola battuta.
L’ultima frase pronunciata dalla donna sembrò farlo uscire bruscamente da un sogno per tornare alla realtà. Sbatté alcune volte le palpebre, mentre gli occhi sgranati riprendevano pian piano la loro dimensione abituale. Con un fazzoletto pulito si terse alcune goccioline di sudore che gli imperlavano la fronte.
- Eh? Ah, sì, certo, dottoressa Carodìo... Credo che questo piccolo... ehm... saggio di recitazione sia stato molto interessante e... sì, sufficientemente esauriente... Ora, poiché l’imputato ha chiesto di rendere alcune dichiarazioni, ha la facoltà di parlare... - consultò un appunto che aveva sul tavolo - ... Si accomodi, dottor Coluzzi...
Bonaventura Coluzzi, titolare della casa editrice Comicpress, si alzò dalla prima fila di sedie e si avvicinò alla balaustra. Era un uomo di bella presenza e dal volto ancora giovane, reso più autorevole da alcune striature d’argento sui capelli alle tempie. Vestiva con una certa noncurante eleganza un abito grigio perfettamente stirato e aveva un’aria intelligente e simpatica, anche se un po' annoiata. Parlò con la tipica sicurezza di chi sa perfettamente dove vuole arrivare:
- Signor Presidente, sarò molto breve, poiché conosco troppo bene il valore del tempo per perdere il mio e abusare del vostro. Come la maggior parte di voi sa benissimo, questa non è la prima volta che vengo accusato di stampa e diffusione di materiale osceno. La mia casa editrice è specializzata in quel genere di pubblicazioni che sono comunemente definite “fumetti per adulti”, e viene periodicamente portata in giudizio da qualche bacchettone che pensa di vivere ancora nell’Ottocento e non si è accorto che ci stiamo avvicinando alla fine del ventesimo secolo e del secondo millennio...

Leggi la prefazione - Leggi l'indice - Richiedilo all'editore - Torna