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ABITI SU MISURA

Nel catalogo di una recente mostra della Biblioteca Vallicelliana di Roma, dedicata alle legature spagnole dal XV al XIX secolo, si leggono, a firma di Manuel Carrion Gùtiez, le seguenti parole: "...Mi fa inorridire un libro lacerato o smembrato, mi fanno vergognare, per la loro impudicizia, quelli nudi o vestiti a metà e mi fanno addirittura pena gli odierni libri di consumo: malvestiti, con abiti fatti in casa, di stoffetta andante...". E ancora: "...Il fatto è che il libro è anche, fra le tante altre cose, una creatura di compagnia: e le compagnie uno le vuole belle. L'aspetto, dunque, del libro... deve essere bello oltre che eloquente, docile e durevole".

Ora, questo è un punto di vista che mi sento, in larga parte, di poter condividere; tanto da chiedervi di lasciarmi dedicare la chiacchierata odierna, anzichè alla illustrazione in senso stretto, alla legatura: la quale legatura, almeno nella sua versione editoriale, dell'illustrazione del libro è stretta parente.

"Contenitore di idee" per eccellenza, il libro è però anche un'entità fisica che può avere una sua validità formale e oggettuale completamente autonoma rispetto ai contenuti che essa veicola: basti pensare ai codici miniati del Medioevo e del Rinascimento, o all'importanza che assumono, da Gutenberg in poi, la carta, i caratteri tipografici, le illustrazioni; e, naturalmente, la legatura.

Per quanto attiene a quest'ultima, essa è nata, come moltissime altre cose, con una finalità di carattere esclusivamente pratico (raccogliere, conservare, proteggere). Ma ha rapidamente raggiunto una sua validità estetica che la sposta, a tutti gli effetti, dalla categoria delle "cose utili" alla categoria delle "opere d'arte": grazie soprattutto ad uno stuolo di abilissimi e spesso anonimi artigiani, impegnati per secoli ad abbellire l'aspetto esterno dei libri (a prescindere dai loro contenuti, che spesso non conoscevano affatto) con motivi decorativi a secco o dorati che riecheggiavano essenzialmente il percorso parallelo delle cosiddette arti maggiori (dal gotico al barocco, dall'impero al romantico e al moderno). In questo modo, la legatura è diventata, fra le altre cose, e come tutte le opere d'arte, un mezzo per conoscere la storia degli uomini, dei loro gusti e delle loro culture.

Questo tipo di rapporto fra il libro, la sua legatura e l'artigiano che la realizza resta per parecchi secoli un rapporto esclusivo (dal momento che ogni rilegatura è un "unicum"), ma per altri versi generico (dal momento che di solito l'artigiano non conosce affatto il contenuto del libro e quindi non tenta nemmeno di adeguarvisi). E rimane in vigore fin verso la metà del secolo XIX, quando, al vento della crescente industrializzazione, le tirature aumentano, ed anche il libro diventa un prodotto come tutti gli altri, il cui primo imperativo categorico è quello di essere venduto.

A questo punto, gli editori non tardano a rendersi conto del fatto che, come succede per tutti gli altri prodotti, anche il modo di presentare al pubblico un libro ha una importanza determinante per il suo successo; in altre parole, che un libro che "si presenta bene" si vende meglio. Ed è a questo punto che nasce la cosiddetta "legatura editoriale", concepita e realizzata sotto il controllo diretto dell'editore, e con la quale ogni singolo esemplare del libro cessa di essere un "unicum" per diventare un prodotto di serie.

Anche se talvolta le legature editoriali (come ad esempio quelle di alcuni libri romantici francesi) sono affascinanti per la ricchezza dei loro motivi decorativi, è chiaro che l'ottica della produzione di serie mal si accorda con il concetto dell'"opera d'arte" di cui si è parlato prima. E infatti la reazione a questa tendenza non tarda a farsi sentire.

Partendo dall'Inghilterra, che essendo stato il primo Paese europeo a imboccare la strada dell'industrializzazione è stato anche il primo ad avvertirne la progressiva invadenza e le ricadute negative , si sviluppano in tutta Europa i movimenti "Arts & Crafts" , che promuovono il diffondersi delle arti applicate come possibile punto di incontro fra l'Arte e l'Industria. Grazie soprattutto all'inglese William Morris, di cui abbiamo già parlato altra volta, questa rivoluzione investe anche il mercato librario, contribuendo in misura determinante ad affermare il principio che tutti i problemi estetici e formali connessi con la realizzazione di un libro devono essere affidati ad un unico artefice-artista.

In questa specie di "area di competenza", che fu definita "architettura del libro", rientra ovviamente anche la legatura editoriale: e a partire dalla fine del secolo, in corrispondenza con il fiorire dell'Art Nouveau e con il prendere piede della produzione di libri illustrati di lusso, soprattutto in Francia ed in Inghilterra, accade sempre più spesso che sia lo stesso artista che si occupa dell'illustrazione del libro a disegnarne anche la rilegatura editoriale: e basti ricordare, fra gli innumerevoli possibili esempi (Crane, Dulac, Pogany, Anning Bell), le splendide composizioni ideate da Aubrey Beardsley per le legature editoriali dei non molti libri da lui illustrati.

Tuttavia, è chiaro che legatura editoriale, anche se creata da un artista e per bella che fosse, era ben lungi dal poter essere considerata un'opera d'arte, perchè restava sempre e comunque un prodotto di serie, e come tale non era in grado di soddisfare le esigenze dei bibliofili più esigenti.

Fu così che, a partire dall'inizio del Novecento e per una trentina d'anni almeno, la legatura d'arte conobbe una nuova straordinaria stagione. Le legature di questo periodo furono nettamente influenzate dai codici culturali e formali dell'Art Nouveau prima e dell'Art Déco poi: e di questi movimenti estetici costituirono probabilmente uno dei momenti più felici e più alti. (Si può agevolmente verificare questa affermazione visitando il Museo delle Legature Weil Weiss alla Biblioteca Trivulziana di Milano, una delle più affascinanti collezioni "specializzate" mai messe insieme da un collezionista privato. O più semplicemente sfogliando un bel volume edito dall' Editore Cantini di Firenze, dal titolo Art Nouveau e Art Déco nelle copertine dei libri: una autentica festa per gli occhi, oltre che una imprescindibile fonte di notizie e di dati sull'argomento).

Gli artigiani che resero possibile il fiorire di questa nuova straordinaria stagione avevano in comune, con i maestri legatori dei secoli passati, l'amore per ciò che facevano, e la capacità di trasfondervi il gusto dell'epoca in cui vivevano. Ma avevano anche, rispetto ai loro predecessori, una più vasta cultura, e quindi una maggiore conoscenza dei contenuti dei libri che erano chiamati a "rivestire". Fu grazie a loro che la legatura d'arte compì un ulteriore passo avanti, diventando non più soltanto un "contenitore", splendido quanto si voglia ma adatto a qualsiasi tipi di libro, e quindi spersonalizzato, ma un "tutt'unico" con il libro che conteneva, e coerente con esso.

Anche senza arrivare al caso estremo di F. L. Schmied, che estendeva anche alla legatura la sua funzione di "architetto del libro" (arrivando a realizzare lui stesso nel suo "atelier" la legatura di ogni singola copia di alcuni suoi libri), è chiaro che questo modo di concepire la legatura rappresenta probabilmente un "top" che difficilmente potrà essere superato: poichè, se "l'odierno libro di consumo" di cui parla Carriòn Gùtiez può essere paragonato ad un abito "pret-à-porter", è chiaro che la legatura d'arte del Novecento, studiata in funzione specifica di "quella" copia di "quel" libro rappresenta un modello esclusivo di alta sartoria. Proprio quel tipo di "abito" che si vorrebbe poter donare a chi si ama: che sia una persona o, perchè no, un libro.

(Comic Art, giugno 1992)

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