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NOSTRA SORA MORTE CORPORALE

All'inizio fu Holbein. Anzi, no: all'inizio furono gli anonimi e innumerevoli amanuensi e pittori che per secoli decorarono le pagine dei manoscritti e i muri delle chiese con le immagini di uno o più scheletri, assunti a metaforiche icone della Morte. Icone che ben si confacevano a una Chiesa plumbea e terroristica come quella che dominò l'Europa dal Medioevo in avanti, e che riproponeva un personaggio purtroppo assai familiare, dal momento che l'Europa era periodicamente spazzata dal flagello della peste e di altre malattie.

La carta stampata non fece quasi in tempo a nascere che già la Morte l'aveva aggredita: prima nei foglietti popolari, i cui anonimi autori si resero subito conto che il segno rigido della xilografia ben si addiceva alla signora tuttossa; poi negli incunaboli, in cui non è difficile imbattersi in scheletri che ci fanno da guide alle Ars moriendi e alle Apocalissi; infine nelle stampe antiche, dove, frammezzo a tanti scheletri nudi, se ne trova addirittura uno che è fornito di barba e capelli (Il cavaliere, la Morte e il Diavolo di Albrecht Dürer, 1513).

Da un certo punto in poi, Sora Morte si fece anche coreografa e prima ballerina, guidando l'incedere di papi e di imperatori, di borghesi e di contadini, di commercianti e di mendicanti, verso l'unica ineluttabile meta finale. E poiché ritmi e cadenze erano quelle dei rondò musicali, questi simbolici itinerari vennero designati col nome di "danze macabre" o "danze della Morte".

Questo genere di sacre rappresentazioni, collocabili nel più ampio repertorio del "memento mori", andò affermandosi a partire dal 1300, e fu affidato dapprima a personaggi viventi, per poi trasmigrare in affreschi, o in cicli di affreschi, sui muri delle chiese e soprattutto dei cimiteri; tra il XIV e il XVIII secolo se ne ritrovano tracce un po' in tutta l'Europa papista, riformista e controriformista, con epicentro nell'area germanica ma senza nulla togliere alle cattolicissime Francia e Italia. Ad esempio, se ne possono vedere due molto belle (a pochi chilometri di distanza l'una dall'altra) a Pinzolo (in val Rendena) e a Carisolo (in val Genova, che in quella confluisce), attribuite entrambe a Simone Baschenis, figura di spicco di una dinastia bicentenaria di pittori bergamaschi che operò in Trentino-Alto Adige fra il 1516 e il 1547.

Molti di questi affreschi sono andati perduti e ci sono giunti solo attraverso notizie tramandate dalla tradizione orale, o al massimo in frammenti e in incisioni che li riproducono. E qui entra in gioco Hans Holbein il Giovane (1497-1543), uno dei più grandi pittori e incisori di area tedesca del Rinascimento, che disegnò e forse in parte incise personalmente su legno una delle "danze della morte" pittoriche più antiche e più note, quella di Basilea, che risale verosimilmente all'epoca del Concilio (1431) e della quale ci restano solo alcuni frammenti.

Le incisioni di (o da) Holbein vennero pubblicate per la prima volta a Lione nel 1538, e poi periodicamente ristampate fino ai nostri giorni in versioni più o meno fedeli, contribuendo in misura determinante a mantenere viva la tradizione delle "danze macabre": la cui popolarità proseguì ininterrotta fino alla fine del settecento, e sopravvisse anche nel corso dell'ottocento, malgrado che si trovasse a dover fronteggiare le successive bordate dell'illuminismo e del positivismo.

Il clima scientista e razionalista del secolo scorso appannò indubbiamente l'interesse per la riflessione metafisica, ma si trattò di un'eclissi di breve durata, poiché il movimento romantico aprì la strada, in rapida successione, al decadentismo, al simbolismo e all'espressionismo. E mentre tutta una frangia di artisti si avvolgeva nelle leziose anche se deliziose spirali dell'"art nouveau", altri artisti riprendevano a esplorare il mondo dell'Ignoto, riportando alla ribalta tutto un repertorio di fantasmi, di demoni e di altre creature incubiche e inquietanti, di cui faceva parte naturalmente anche Sora Morte.

A partire dalla fine dell'ottocento, dunque, la nostra protagonista torna ad affacciarsi con rinnovata frequenza in quadri, incisioni e illustrazioni di libri, con un sempre maggiore presenzialismo che diventerà poi sfrenato protagonismo negli anni della prima guerra mondiale. Ed è proprio questa smisurata carneficina a riportare alla ribalta in modo clamoroso e ufficiale, aggiornandola al gusto grafico e figurativo del ventesimo secolo, la rinascimentale "danza della morte".

Manca lo spazio per citare tutti gli artisti che si cimentarono in queste non di rado straordinarie imprese grafiche: ma non possiamo non ricordare almeno la copiosa serie di acquatinte colorate a mano di Thomas Rowlandson, la cui English dance of Death, ancorché pubblicata nel 1815, immette nel tema una salutare e modernissima dose di caustico umorismo anglosassone; le cartoline della Danza macabra europea, realizzate in litografia dal nostro Alberto Martini fra il 1914 e il 1916 ; o le splendide tavole colorate a pochoir della Danse macabre creata nel 1927 dal pittore Yan B. Dyl, un'opera singolare e di altissima suggestione nella quale reminiscenze espressioniste, futuriste e cubiste si mescolano a sofisticate soluzioni di gusto déco.

Il Novecento, con tutte le sue innovazioni tecniche e le sue avanguardie artistiche, non si limita a rivoluzionare i vecchi mezzi espressivi, ma ne inventa anche di nuovi, dei quali Sora Morte si impadronisce puntualmente. Pensiamo per esempio alla letteratura per ragazzi e alla ricorrente presenza di elementi mortuari nella poetica di Antonio Rubino, palesi nei suoi primi lavori diretti agli adulti (come le illustrazioni per Il mulino della morte, 1907, e per i suoi Versi e disegni, 1911) e appena appena velati nella sua produzione per l'infanzia; pensiamo al fumetto, alle innumerevoli storie horror da Zio Tibia in poi, alle incursioni di Tex Willer nell'aldilà, a certi personaggi degli anni sessanta come il Kriminal o la Satanik di Magnus & Bunker; pensiamo al cinema, che incomincia a fine Ottocento con le ossa animate a passo-uno di George Méliès e arriva alla battaglia con l'esercito di scheletri computerizzati de L'armata delle tenebre di Sam Raimi (1993), passando attraverso vari titoli fra i quali non si può non citare almeno The skeleton dance (1929), la prima e una delle più godibili Silly Simphonies di Walt Disney.

L'elenco potrebbe proseguire a lungo, ma poiché lo spazio a disposizione è finito siamo costretti a chiudere qui la veloce cavalcata di Sora Morte attraverso alcuni dei territori mediatici e delle iconosfere che più conosciamo e amiamo. Dipinti, illustrazioni, film e fumetti: per restare in tema, vogliamo chiamarli "I quattro cavalieri dell'Apocalisse"?

(contributo per Effetto noir, catalogo di una mostra tenuta nel 2000 a Trento, Carpi e Torino)

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