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UNA LEZIONE DI SHERLOCK HOLMES

Sherlock Holmes, che di solito il mattino si alzava piuttosto tardi, era seduto al tavolo della prima colazione. Io mi trovavo nella poltrona di fronte al caminetto, e stavo terminando di sfogliare una delle riviste lasciataci dal nostro ospite della sera innanzi.

Si trattava di una rivista stampata su carta patinata e interamente dedicata ai "fumetti", un termine con il quale, in Italia, si è soliti definire i "comics". Quando ebbi terminato di sfogliarne le pagine, l'abbandonai sulle mie ginocchia e fissai pensieroso la finestra, dalla quale giungevano (peraltro ovattati dalle pesanti cortine) i clacson delle macchine e le voci delle torme di persone che passavano su Baker Street. Eravamo alle soglie dell'estate, ormai, e Londra, come ogni anno, era invasa dai turisti.

- Dunque, Watson, che cosa ne pensa?

Holmes sedeva dandomi di schiena e non riuscivo a capire come avesse fatto ad accorgersi dei miei movimenti.

- Come diamine ha potuto capire che avevo terminato di leggere? Scommetto che lei ha due occhi anche sulla nuca!

- Ho quanto meno una bella caffettiera d'argento lucente proprio di fronte a me - mi rispose - Ma mi dica, Watson, che cosa ne pensa dell'incarico che mister Traini voleva affidarmi?

- Penso che lei sia stato perlomeno incauto a non accettarlo. Non dimentichi che la nostra padrona di casa è defunta da tempo, e che l'Istituto di Credito che possiede adesso lo stabile non ha, nell'esigere il pagamento della pigione, la stessa pazienza che aveva quella gentile signora.

- Lei pensa dunque che questo incarico ci avrebbe arricchito?

- Non ho alcuna ragione di pensarlo, ma neppure alcuna di pensare il contrario. Nel nostro incontro di ieri sera non s'è fatto alcun cenno del risvolto economico.

- Lei mi delude, Watson. Non ha dunque notato che alcune delle riviste che mister Traini ci ha lasciato hanno come testata Comic Art, alcune altre L'Eternauta, altre ancora, come quella che lei ha appena terminato di sfogliare (e che incidentalmente, se mi consente di farglielo notare, sta per cadere a terra) Eternauta & Comic Art?

Afferrai al volo la rivista che stava scivolando dalle mie ginocchia, e ne osservai con attenzione la copertina. Al di sopra dell'immagine di una giovane donna dagli abiti estremamente succinti, si leggeva in effetti la scritta "Eternauta & Comic Art- la rivista del cartooning internazionale".

- Ebbene? - domandai - A parte il fatto che la fanciulla qui raffigurata deve vivere in un clima decisamente caldo, non vedo che cos'altro se ne possa arguire...

- Se lei non si lascia distrarre dalle forme generose della signorina in questione e osserva la data di pubblicazione delle varie riviste, vedrà che le più recenti sono per l'appunto quelle che hanno la doppia testata. Ora, la fusione tra giornali diversi, come quella tra diverse strutture societarie, testimonia in genere di una situazione di mercato non molto favorevole, e della caparbia volontà di sopravvivere ad ogni costo, in attesa di auspicati tempi migliori. Del resto, è noto che i "comics" d'autore, in tutto il mondo, stanno vivendo un momento piuttosto difficile; e la cura con cui il nostro ospite di ieri sera ha evitato di affrontare l'argomento "compenso", testimonia, oltre che della sua delicatezza, anche del fatto che l'incarico che intendeva affidarmi non era tale da dissipare i suoi timori sui prossimi pagamenti della nostra pigione.

- Sia pure. Tuttavia, avrei pensato che la proposta di mister Traini fosse tale da indurre lei ad accettarla anche al di là dell'aspetto economico. In fondo, egli non le chiedeva che di svolgere una sommaria inchiesta scritta (da pubblicare sul catalogo di una Mostra dedicata al centenario dei "comics" che si terrà a Roma in autunno) sui parallelismi tra le circostanze che hanno portato alla nascita dei cosiddetti fumetti e quelle che hanno portato alla nascita del cinema. Due mezzi di espressione artistica, tra l'altro, che molto spesso si sono occupati di noi e delle nostre avventure.

- Limitandosi peraltro a scopiazzare in genere quelle cronache che ormai da decenni lei ha la bontà e la pazienza di redigere... - Holmes posò sul piattino la tazza del caffè oramai vuota, si forbì le labbra con un angolo del tovagliolo e si voltò verso di me, scostando la sedia dal tavolo e fissandomi in volto - E per quanto riguarda l'argomento proposto, mi sembra talmente ovvio e scontato da non meritare che noi gli si presti attenzione...

- Tuttavia, non si può negare che la nascita del cinema coincida in modo davvero singolare con quella dei comics, se è vero quanto diceva ieri sera il nostro ospite.

- Se è per questo, egli si è dimostrato molto ben documentato. La prima apparizione sul New York World dello Yellow Kid di Richard F. Outcault, convenzionalmente considerato il primo vero personaggio dei comics, risale in effetti al 1895: a pochi mesi di distanza, quindi, dalla prima proiezione cinematografica pubblica dei fratelli Lumière, avvenuta come è noto nel dicembre 1894, in un locale interrato del Gran Café di Parigi.

- Si tratta, invero, di una singolare coincidenza...

- Non più singolare del fatto che le successive pietre miliari sia della storia del cinema che di quella dei comics abbiano di nuovo sorprendentemente coinciso, più di trent'anni dopo.

- Lei si riferisce, immagino, alla nascita del cinema sonoro...

- Naturalmente. Nel 1929, con il film Il cantante jazz, il cinema acquistò la parola. A questo punto, i suoi artefici si trovarono di fronte a nuove ed immense possibilità, ma nel contempo si videro costretti a rimettere in discussione tutto ciò che era stato fatto fino a quel momento. I vecchi linguaggi diventarono di colpo obsoleti, nacquero nuovi ritmi, nuove soluzioni e nuovi modi di esprimersi, di raccontare, di utilizzare la macchina da presa. Fu una vera e propria rivoluzione, non molto dissimile, per certi versi, da quella che nello stesso anno si verificò nel mondo dei comics.

- Che sarebbe...

- Sarebbe la nascita del cosiddetto "fumetto d'avventure". Fino a quell'anno i vari comics, anche se diversissimi fra di loro, avevano avuto il comun denominatore di un segno grafico caricaturale più o meno stilizzato, ed erano state affidati a battute o situazioni di tipo umoristico, destinate a esaurirsi nelle quattro vignette della daily strip o al massimo nella singola pagina dei supplementi domenicali. Ma nel 1929, con il Buck Rogers di Dick Calkins e il Tarzan di Hal Foster, si cominciò a utilizzare i codici linguistici dei comics per raccontare, con un segno grafico di taglio veristico, delle storie avventurose e drammatiche basate su meccanismi narrativi più lunghi e complessi. Meccanismi che, vedi caso, non di rado erano gli stessi di quelli dei coevi film di avventure, fossero essi polizieschi, fantascientifici o di ambiente esotico....

- C'era un nesso, fra questi due fenomeni, o si trattava di semplici coincidenze?

Holmes accavallò le gambe e tirò una lunga boccata dalla sigaretta, seguendo poi con lo sguardo il fumo che si disperdeva nell'aria in lente volute azzurrognole.

- Quando le coincidenze sono troppe, io credo che esista qualcosa di più dell'intervento capriccioso del caso, come non credo che sia solo il capriccio del caso a disegnare nell'aria questi effimeri arabeschi, ma che vi concorrano determinate premesse di densità dell'aria, di temperatura e di peso specifico del fumo. Io credo che alla fine degli anni venti il cinema e i comics abbiano risposto, ognuno a suo modo, a una medesima esigenza di racconti per immagini più articolati e complessi, allo stesso modo in cui, trentacinque anni prima, avevano risposto all'esigenza di utilizzare le immagini per raccontare delle storie. Del resto, è sufficiente un sommario raffronto tra gli itinerari che hanno portato, nella seconda metà dell'Ottocento, alla nascita di ciascuno dei due media per rendersi conto di una verità elementare, e cioè che si tratta di due itinerari paralleli...

- Ma giusto cielo... se si tratta di una analisi così elementare, perchè rifiutare di farla, come le ha chiesto mister Traini?

Sherlock Holmes trattenne a stento uno sbadiglio, con quell'aria di annoiata supponenza che assumeva spesso in determinate occasioni, e che con il passare degli anni si era andata accentuando: un atteggiamento che ogni volta aveva il potere di irritarmi notevolmente, oltre che di alimentare i miei complessi di inferiorità.

- Proprio perchè si tratta, mio caro Watson, di un lavoro di ricerca mentale assolutamente banale, che qualsiasi ragazzino sarebbe in grado di fare... Tuttavia, dal momento che lei sembra prendersi a cuore la cosa, se vorrà ancora una volta assumersi l'ingrato compito del cronista sono pronto a fornirle alcuni dati; anche se in questo caso le mie modeste capacità deduttive serviranno a ben poco, e le avrò semplicemente risparmiato la fatica di consultare l'Enciclopedia Britannica... o di fare ricorso a quella moderna panacea della pigrizia mentale che va sotto il nome di "navigazione Internet".

Inghiottii amaro questa sarcastica allusione ai miei tentativi di dialogare con il Power Macintosh 9500 che mi ero finalmente deciso a acquistare pochi giorni addietro; del resto, sapevo perfettamente che la memoria prodigiosa del mio amico era di gran lunga superiore a qualsiasi banca dati fosse possibile raggiungere con la navigazione in rete.

- Gliene sarò molto grato - risposi. La mia lunga frequentazione con Holmes mi aveva fatto capire da tempo che quando la vita assegna un ruolo da gregari, bisogna rassegnarsi a recitarlo anche se non ci si trova nel cono di luce dei riflettori.

Il mio amico schiacciò il mozzicone della sigaretta nel piattino d'argento, districò le lunghe gambe accavallate, ed alzandosi in piedi raggiunse una grande blocco di carta appoggiato verticalmente a un treppiede in un angolo della stanza, come ce ne sono in qualsiasi "sala riunioni" del mondo. Era quella l'unica concessione che aveva accettato di fare alle usanze moderne, e l'aveva probabilmente accettata solo perchè essa solleticava la componente professorale e narcisistica del suo carattere. Prese in mano un pennarello nero e incominciò a tracciare veloci appunti sul foglio bianco, via via che parlava.

- Lei non ignora sicuramente, mio caro Watson, che le immagini sono stata la prima forma di comunicazione fra gli esseri umani. Dai graffiti della grotta di Altamira ai bassorilievi dell'antico Egitto, dalle sagome del teatro d'ombre dell'Estremo Oriente alle pagine miniate dei codici medievali, l'uomo ha sempre fatto ricorso alle immagini per esprimere se stesso e per comunicare con i propri simili, ancor prima che esistessero la scrittura e la stessa parola. Intorno al 1450, l'invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Gutenberg permise di diffondere ovunque la parola scritta, ma non servì solo a quello: creò anche le premesse per un allargamento del mercato delle incisioni, che sempre più spesso, dall'inizio del Cinquecento fino ai giorni nostri, vennero usate a commento e complemento del testo dei libri. Fino a che, verso l'inizio dell'Ottocento, le immagini non incominciarono a prendere il sopravvento sul testo, sia nei giornali illustrati (per lo più di caricatura sociale e politica), che in veri e propri album, in cui il testo non esisteva neanche, o, se esisteva, veniva redatto a posteriori sulla base delle figure. A mero titolo di esempio, potrei citare molte opere del francese Grandville, come Les fleurs animés, Un autre monde o Scènes de la vie des animaux; o meglio ancora, gli album dello svizzero Rudolph Topffer, creatore di personaggi come monsieur Jabot e monsieur Crépin, le cui avventure egli raccontò con successioni di vignette sequenziali accompagnate da un testo a pie' di disegno. E qui mi fermo, per non ridurre la nostra chiacchierata a una tediosa sfilza di nomi e di date.

- Fino a questo punto, comunque, lei ha parlato di disegni, e quindi di immagini statiche...

- Naturalmente; anche se le storie disegnate di Topffer, essendo organizzate in modo sequenziale, già davano l'idea di una sorta di "movimento temporale". Ma verso il movimento effettivo delle immagini ci si stava muovendo, in quegli stessi anni, in molti altri modi, cavalcando quel vorticoso sviluppo delle scienze e della tecnica le cui premesse erano state poste dalle dottrine illuministe nel secolo precedente. Di questo vortice faceva parte anche un rinnovato interesse per gli spettacoli ottici, che portò al successo nuove forme di spettacolo, come il teatro d'ombre, le proiezioni con lanterna magica (già prevista due secoli prima dallo scienziato gesuita Athanasius Kircher), o i cosiddetti "Panorami" e "Diorami", in cui l'illusione del movimento di una serie di disegni era ottenuta con artifici meccanici e con cambi di illuminazione. Il primo Diorama, ad esempio, si basava su una successione di pannelli disegnati che scorrevano l'uno sull'altro creando una vera e propria sequenza, più o meno come sarebbe successo pochi anni dopo con i disegni delle storie di Topffer o, molto più tardi, con le vignette delle comic strip. Incidentalmente, esso era stato inventato nel 1822 da quello stesso Louis Daguerre, che quindici anni più tardi, nel 1837, riuscì a fissare su una lastra di vetro la prima immagine fotografica, ponendo così una delle premesse fondamentali per la nascita del cinema.

- Se non ricordo male, un'altra premessa consistette negli studi sulla persistenza dell'immagine sulla retina umana...

- Perfettamente, mio caro Watson. Questi studi avevano già dato luogo alla nascita del "taumatropio", consistente in un dischetto di cartone con due facciate, su ognuna delle quali era una diversa immagine (come ad esempio un uccellino in libertà ed una gabbia vuota), e che, ruotandolo vorticosamente, dava l'impressione di vedere una terza immagine formata dalla sovrapposizione delle prime due (nella fattispecie, l'uccellino in gabbia). Ma, a partire dal 1830, fu tutto un fuoco d'artificio di invenzioni che, sfruttando lo stesso principio, e utilizzando sequenze di immagini molto simili fra di loro, riuscivano a dare l'impressione del movimento. Per le ragioni già esposte prima, mi limiterò a citarle soltanto un paio dei brevetti più importanti: il "fenachistoscopio" del belga Plateau e il "prassinoscopio" del francese Reynaud, le cui immagini in rudimentale movimento lo stesso inventore trovò poi il modo di trasferire su uno schermo.

- E siamo quindi alla vigilia della nascita del cinema?

- Quasi. Possiamo dire con maggior precisione che eravamo alla vigilia della nascita del cinema di animazione. Per la nascita del cinema vero e proprio occorrevano ancora due cose: la sostituzione delle immagini disegnate con immagini fotografiche (sperimentata fin dal 1860 dallo statunitense Coleman Sellers), e la possibilità di scomporre il movimento di un essere vivente in una successione di fotografie molto simili fra di loro: un risultato tutt'altro che facile da ottenere, considerando il ragguardevole tempo di esposizione che ogni "posa" richiedeva all'epoca. Quest'ultimo obiettivo, comunque, fu raggiunto intorno al 1881, con una serie di apparati estremamente complessi e sofisticati, dal nostro compatriota Eadweard Muybridge. Questo personaggio geniale, per il quale ho sempre nutrito una grande ammirazione, era mosso esclusivamente da un interesse scientifico, ma i risultati da lui ottenuti furono perfezionati e semplificati, ponendo le premesse per il loro sfruttamento commerciale, dal francese Etienne-Jules Marey . Il problema successivo era quello di uscire dal "numero chiuso" delle immagini, che limitava fortemente la durata di una eventuale proiezione, ed esso fu risolto nel 1885, con il brevetto della pellicola fotografica a rulli dello statunitense George Eastman. L'ultimo passo da compiere era quello di realizzare cineprese e proiettori capaci di scattare e riprodurre fino a dodici immagini al secondo, e ci arrivarono più o meno simultaneamente, ai due lati dell'Oceano Atlantico, Thomas A. Edison e i due fratelli Lumière. Questi ultimi bruciarono l'americano, come direbbero ad Ascot, "per una incollatura": e la proiezione pubblica del Grand Café, nel dicembre del 1894, li consacrò come i padri ufficiali del cinema, anche se essi non furono che l'ultimo anello di una lunga catena di scienziati e inventori assolutamente geniali, senza i quali non sarebbe stato certo possibile raggiungere quel risultato finale...

Come a sottolineare il senso conclusivo di quest'ultima frase, Sherlock Holmes tracciò con il pennarello una lunga linea verticale sul grande foglio accanto a cui si trovava. Via via che parlava, aveva continuato a scrivere dei rapidi appunti sul lato che gli era più vicino, sicchè adesso la metà di sinistra del foglio era interamente ricoperta da una serie di nomi e di date, collegati tra loro da una fitta ragnatela di freccette e di rimandi. Sul lato destro, invece, c'erano solo, in alto, i nomi di Topffer e di Grandville.

- E adesso - riprese il mio amico - possiamo fare un passo indietro, e verificare il fondamento di quanto asserivo prima, e cioè che verso la metà del secolo scorso si avvertiva la crescente necessità di una nuova forma di comunicazione per immagini... - Si spostò sul lato opposto del treppiede, passando il pennarello nella mano sinistra, che egli usava con la stessa disinvoltura con cui usava la destra. - Abbiamo già parlato delle storie disegnate di Topffer, e della gran quantità di edizioni illustrate a dispense che prolificarono, soprattutto in Francia, verso la fine della prima metà del secolo. Ma prima e a lato di ciò possiamo aggiungere adesso il fenomeno della nascita dei giornali illustrati, definibili come tali poichè i disegni, per lo più di tipo caricaturale e satirico, vi occupavano per la prima volta un ruolo e un peso pari a quelli del testo. Nel 1830, lo stesso anno anno in cui Plateau mise a punto il suo fantascopio, Charles Philippon fondò a Parigi La Caricature; e due anni dopo, l'anno del fenachistoscopio, Le Charivari. Sull'onda del successo di quest'ultimo, al di qua della Manica nacque nel 1841 il nostro gloriosissimo Punch, che mise insieme una schiera di disegnatori di grande talento, formatisi alla grande scuola della caricatura satirica di William Hogarth e di James Gillray; e poichè non voglio farle l'affronto di pensare che lei non li conosca, gliene risparmierò il lunghissimo elenco. Come le risparmierò l'elenco, non meno lungo, dei giornali illustrati che prolificarono a cavallo della metà del secolo, sia al di qua che al di là dell'Oceano, dando ai disegni uno spazio sempre maggiore.

- Lei parlava tuttavia poc'anzi dell'esigenza di servirsi dei disegni per raccontare delle storie, e mi sembra che dopo Topffer non mi abbia citato altri nomi...

- Che tuttavia non mancano. In questa direzione, quello che potremmo definire il comando della gara vene preso dalla Germania, con Heinrich Hoffman, che diede alle stampe nel 1844 il suo notissimo Struwwelpeter, e con Wilhelm Busch, i cui Max und Moritz, del 1865 sono chiaramente gli antenati di uno dei primissimi comics americani, The Katzenjammer Kids di Rudolph Dirks. Ma su tutto questo non mancheranno certamente a mister Traini altri documentati contributi. A noi preme piuttosto sottolineare come, negli stessi anni in cui le ricerche degli scienziati tentavano di superare il rudimentale movimento del fenachistoscopio per mezzo dei nuovi prodigi della tecnica, anche i giornali illustrati si muovessero nella stessa direzione, chiedendo sempre più spesso ai disegnatori e agli artisti delle "storie per immagini in sequenza". Tra il 1870 e il 1890, vale a dire negli stessi anni in cui Muybridge e Marey perfezionavano i loro studi sulle "fotografie di movimento", non furono in pochi a realizzare storie per immagini disegnate, sia al di qua dell'Oceano (Caran D'Ache, Steinlen, Rabier) che negli Stati Uniti d'America (Frost, Bellew). In Francia poi, nel 1889 (nello stesso anno e nello stesso Paese, quindi, in cui Emile Reynaud applicò i principî del suo prassinoscopio al Teatro Ottico, facendo un altro determinante passo avanti verso lo spettacolo cinematografico) su L'Exposition apparve La famille Fenouillard di Georges Colomb, meglio noto con lo pseudonimo di "Cristophe": la prima storia per immagini a puntate e con personaggi fissi. E mentre continuavano a nascere un po' dovunque nuovi giornali copiosamente illustrati, gran parte dei quali dedicati specificamente all'infanzia (come l'italiano Il giornale dei bambini), si arrivò al fatidico 1894-1895: che è, come abbiamo visto, il momento alchemico in cui tutta una serie di ricerche tecniche ed espressive di vario genere si riassunsero e si complementarono fra di loro, consentendo da un lato la nascita del cinema, e dall'altro l'affacciarsi, sulle tavole disegnate del New York World, dei primi rudimentali "balloon", vale a dire dei primi discorsi uscenti a mo' di fumo (anzi, di "fumetto") dalla bocca di un personaggio disegnato denominato Yellow Kid...

Holmes tracciò un cerchio intorno alla scritta 1894-1895 e depose il pennarello sull'apposita scanalatura del treppiede. Io osservai pensieroso il grande foglio, che era stato bianco e che pareva ormai nero, tanto era fitto in ogni sua parte di nomi e di date.

- Che cosa possiamo dunque evincere, da tutto questo? - chiesi.

- Elementare, mio caro Watson. Possiamo evincerne che cinema e comics sono fratelli di sangue, se non addirittura gemelli, dal momento che nascono nello stesso periodo e negli stessi luoghi, e soddisfano entrambi, ognuno a suo modo, alle esigenze di un mondo che sta incominciando a capire come le immagini siano la forma più efficace e più rapida, anche se non sempre la più approfondita, per comunicare qualcosa. Una tendenza che non si può considerare se non con favore, anche se poi si è visto, con l'avvento della televisione (e soprattutto di un modo avventato di gestire quest'ultima), che essa può condurre a conseguenze letali per la parola scritta, e per la connessa capacità di far funzionare a dovere quei pochi ettogrammi di materia grigia che il Creatore ci ha dato e che talvolta, anche se non sempre, ci distinguono dai rappresentanti del mondo animale.

Holmes tacque, si stiracchiò pigramente e si avvicinò alla finestra. Scostò le cortine, permettendo ad un raggio di sole di lambire per qualche secondo gli arredi ed i quadri del nostro salotto. Poi si voltò verso di me.

- Ritengo, mio caro Watson, che lei abbia ormai sufficiente materiale da elaborare sulla tastiera del suo nuovo giocattolo elettronico per permettere a mister Traini di includere un articolo a suo nome sul catalogo della Mostra dedicata al Centenario dei comics (soddisfacendo così, se non alle esigenze della nostra pigione, quantomeno a quelle della sua vanità)... Così, credo che possiamo rivolgere i nostri pensieri ad argomenti più piacevoli. Poichè questa estate del 1996 sembra regalarci una giornata di sole sufficientemente ventilata (come si può arguire dal fatto che quella graziosa turista all'angolo della strada stava per farsi investire da una macchina, nel tentativo di afferrare una mappa di Londra rapitale da un refolo di vento), le proporrei di accompagnarmi fino a Trafalgar, dove vorrei acquistare due biglietti per By Jeeves, una commedia musicale di cui ho letto un gran bene, ispirata a un personaggio della cui sagacia sono sempre stato un fervente ammiratore. Cammin facendo vorrei anche passare al numero 84 di Charing Cross Road, per dare un'occhiata alla vetrina di quella bottega di libri antichi che lei certamente conosce. Posso perciò pregarla di essere pronto tra mezz'ora?

(Catalogo di Expocartoon, novembre 1996)

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