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I FUMETTI CON LA PERMANENTE

Dal 20 al 22 marzo si è svolta a Milano, al Palazzo della Permanente, la IX Mostra del libro antico, nata anni fa su iniziativa di Mario Scognamiglio e organizzata dal Gruppo Fininvest.

L'ombra di Silvio Berlusconi (ma forse sarebbe meglio parlare di quella di Marcello Dell'Utri, notoriamente bibliofilo appassionato) si estende tuttora, nel bene e nel male, sulla manifestazione. Lo si evince dal catalogo, ufficialmente "firmato" da Publitalia '80, che della Fininvest e di Mediaset è il braccio pubblicitario; ma se anche non ci fosse questo sigillo ufficiale, non sarebbe difficile riconoscere una certa aria di famiglia nel fatto che il catalogo medesimo (ancorché composto - come recita il colophon - con caratteri Monotype Elzeviriani e su carta extra-lusso) è soprattutto un contenitore di pubblicità.

Le notizie che riguardano la Mostra e i libri bisogna dunque andarsele a cercare col lanternino in mezzo a una moltitudine di annunci coloratissimi, più consoni a riviste nazional-popolari che non a un catalogo scicchettoso come questo; e quando in fine si rintraccia una tavola della Hypnerotomachia Poliphili oppure una incisione del Dürer, non si può negare che esse appaiano un po' spaesate nell'orgia di bevande, wurstel, prosciutti, macchine ed elettrodomestici in mezzo alla quale si ritrovano. Che diamine, gli sponsor e i loro soldi ci vogliono, ma c'è modo e modo di cercarli e gestirli: anche Palazzo Grassi è sponsorizzato dalla Fiat, ma con una discrezione che qui sarebbe vano cercare.

Ma detto il demerito, diciamo anche il merito. Che è soprattutto di aver saputo riunire un congruo numero di librai antiquari di elevato livello, non solo italiani ma provenienti da vari Paesi europei, che ormai tradizionalmente portano alla "Permanente" le loro cose più belle; anche perché il flusso delle persone che si succedono davanti ai banchi è non tanto oceanico quanto elevato di censo, e la sua corrente è ritmicamente cullata dal fruscìo (questo sì, discreto) dei libretti per assegni.

Ma perché dunque parliamo della "Permanente" sulle pagine di Comic Art? Perché da qualche tempo, in mezzo ai codici miniati, agli incunaboli, ai volumi non si sa se più preziosi per raffinatezza di legatura, per livello dei contenuti o per delizia delle illustrazioni, fra tutti questi appartenenti a una cartacea classe aristocratica che non è per niente avviata al tramonto ma che certo non brilla per spregiudicatezza e modernità, da qualche tempo a questa parte si infiltrano dei volti di personaggi che tutti noi amiamo ma che una parte dei visitatori della Permanente osservano con quel senso di disagio e di vago disgusto con cui - avrebbe detto Woodehouse - un vegetariano osserva un bruco nell'insalata. Ed è evidente che sto parlando degli eroi della letteratura per l'infanzia, siano essi protagonisti di libri o di giornalini a fumetti.

Qualchecosa, ad esempio, ha portato Sonia Natale (Roma), che affianca a una collezione di testi di antropologia criminale e di scienze sociali una nutrita rappresentanza di libri per l'infanzia e di edizioni di Pinocchio; qualcosa ha portato Andrea Tomasetig (Vignate), che affianca i fumetti ai libri di Cinema, Fotografia e Industria, senza negarsi a una serie di tavole originali di Jacovitti; ma è soprattutto davanti al banco dello studio bibliografico Little Nemo (Torino) che i più austeri fra i sacerdoti del libro d'antiquariato vacillano di fronte agli sberleffi degli eroi di cartone. Perché fra un'acquaforte di Jacques Callot e un incunabolo in-folio del Petrarca, che occhieggiano dai due banchi limitrofi, fa bella mostra di sè una tavola originale di Jacovitti disegnata per la copertina del Diario Vitt del 1963: una tavola gremita, come da costume abituale del nostro, di omini grassi con il nasone, di matite che spuntano dal terreno, di salami dimezzati e di lische di pesce. Forse Callot e Petrarca ci si sarebbero anche divertiti, ma chi ama Callot e Petrarca potrebbe anche restarci secco.

A Jacovitti, Little Nemo (al secolo Sergio Pignatone) dedica doverosamente un'ampia retrospettiva, fatta, oltre che di tavole originali e di altre cose più recenti, di prime edizioni degli Albi Vitt degli anni quaranta-cinquanta, straordinari per ritmi e per invenzioni. E poi, a far corona al nostro autore recentemente scomparso, una miriade di altre chicche, come le prime edizioni salgariane di Donath e di Bemporad, con le trascinanti copertine in cromolitografia di Alberto Della Valle; o le prime edizioni e le tavole originali dei massimi rappresentanti di quella irripetibile "scuola" che fu il Corriere dei piccoli degli anni venti-trenta: Antonio Rubino, Sergio Tofano, Bruno Angoletta.

Con queste scelte, Little Nemo rafforza ulteriormente la sua posizione leader in Italia in fatto di fumetti d'antiquariato e di editoria per l'infanzia (e poi subito rilancia, annunciando per la prossima estate un libro-catalogo sull'argomento, con testi di Samanta Sarti e prefazione di Giampiero Mughini: un'opera che si propone di accompagnare il lettore-collezionista alla riscoperta delle emozioni testuali e visive della sua infanzia).

Quanto al fumetto, non c'è dubbio che esso abbia ricevuto da una così massiccia presenza alla massima mostra di antiquariato librario d'Italia un ulteriore riconoscimento e un'ulteriore legittimazione. Francamente, era ora che anche da noi si incominciasse a considerare la letteratura per i ragazzi come un "genere" adulto: cosa che in Gran Bretagna si fa già da qualche decennio, con tornate di vendite specializzate e periodiche delle più importanti Case d'aste internazionali.

Certo, una cosa del genere non sarebbe stata pensabile all'inizio degli anni sessanta, quando sul primo numero di Linus Umberto Eco, Elio Vittorini e Oreste del Buono rivendicavano al fumetto la dignità e lo status di nuovo linguaggio, se non addirittura di opera d'arte. Ora, allo scadere del millennio, la maggior parte di coloro che si occupano di comunicazione di massa lo danno per scontato, ma c'è ancora qualcuno che da qualche parte continua ad arricciare il naso. Confidiamo che d'ora in poi, ripensando all'accostamento fra i Magi di Callot e il signor Bonaventura di Sergio Tofano, fra un Petrarca della fine del Quattrocento e un La rivincita di Yanez dell'inizio del Novecento, costui sia colto quanto meno dal dubbio, e finga di aver arricciato il naso soltanto per scacciarne una mosca bibliofila.

(Comic Art, giugno 1998)

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