Dichiarazione della Giuria del Premio Scerbanenco 2000:
La giuria, composta da Ernesto G. Laura, Nico Orengo,
Gianfranco Orsi, Cecilia Scerbanenco, Lia Volpatti, considerato che il
Premio Scerbanenco tende a mettere in risalto non solo le opere
migliori, ma anche le tendenze in cui si iscrivono, e rilevato che anche
in Italia emerge, sia da parte degli scrittori sia da parte dei lettori,
un sempre maggiore interesse nei confronti del genere giallo-storico, ha
rivolto la propria attenzione a due titoli che rientrano in questo
filone.
In tal senso ha deciso di assegnare il Premio Giorgio
Scerbanenco 2000 al romanzo Il nostro agente in Giudea di
Franco Mimmi
"Per la novità del tema, la qualità della
scrittura, la solidità dellíimpianto e líaccuratezza della
ricerca".
Ritiene inoltre di segnalare con menzione il romanzo Giallo
Antico di Corrado Farina
"Per la ricostruzione díambiente e líaffettuosa
rievocazione di Emilio Salgari e della Torino scomparsa del primo cinema
italiano.
Leggi la versione integrale
Antonio Faeti: "L' epoca di Giolitti nel Giallo antico di Corrado Farina
La Torino Salgariana e l' Italia da scoprire
QUALCHE giorno fa ho letto un articolo di Galli della Loggia, che,
partendo dalle modalità, dal valore pedagogico, dal significato
profondo delle gite scolastiche, giungeva fino a domandarsi che cosa
può fare oggi la scuola per difendere, sostenere riscoprire l' identità
degli italiani. Il senso più rilevante e nascosto
dell'articolo si è collegato con la lettura, appena terminata, di un
volume di non facile reperimento ma che si può ordinare in una
libreria dove ci siano commessi informati e cortesi: Corrado Farina,
Giallo antico, Fogola, Torino 1999. Conoscevo Farina solo come
regista cinematografico, perché avevo visto, tanti anni fa, un suo
curioso film, Baba Yaga, tratto da una storia a fumetti di Guido
Crepax. Torinese che vive a Roma da trent'anni Farina ama e conosce
profondamente la città in cui è nato, qui ha ambientato il suo
giallo, sfruttando, come già Fruttero e Lucentini nel loro bel libro
La donna della domenica, una specie di intrinseca vocazione che
Torino possiede. La città è molto adatta a costituire un perfetto
scenario per un giallo, annovera infatti in larga misura risorse
funerarie, sotterranee misteriose, cupe. Ma l' idea di Farina, che
ha la mia stessa età, è quella di porsi la stessa domanda in cui
sprofondavamo da bambini quando, dopo aver letto tanti romanzi di
Emilio Salgari, venivamo a sapere che l' amatissimo padre di tanti
nostri eroi si era suicidato, nel 1911, tagliandosi il ventre con un
rasoio. Noi non accettavamo questa morte, non ci arrendevamo
all'idea che il gioioso, incontenibile creatore di Yanez, di Sandokan,
di Testa di Pietra, potesse avere voluto dire no alla vita, proprio
lui che riempiva di tanto concitato e clamoroso vitalismo ogni sua
pagina. Farina mette a confronto la Torino di oggi, dove un giovane
laureando in Lettere venuto da Roma fa ricerca al Museo del Cinema
per una tesi sugli inizi della cinematografia italiana, con quella
dei primi anni del secolo. Era la Torino di Giovanni Pastrone,
regista e produttore di Cabiria, era una delle capitali del cinema
mondiale, qui si sperimentavano tecniche, si definivano itinerari
dell'immaginario. E' un mondo che gli italiani giovanissimi quasi
non conoscono, si riferisce a quella età di Giolitti in cui il
nostro paese progrediva, inventava, ideava con uno slancio innovativo
forse mai più ritrovato. Giovanni Pastrone, nel libro di Farina,
incrocia il suo destino con quello di Salgari, in un modo e secondo
percorsi che non si devono rivelare perché il libro è un giallo.
Però la ricostruzione di un'epoca, di un mondo, di una atmosfera
sociale e culturale rendono il libro capace di offrirsi come
strumento didattico per scoprire un'ltalia che è tanto amabile
quanto sconosciuta. E' bello veder descritta la Torino salgariana,
seguire lo sfortunato Capitano negli itinerari in cui soffriva, si
disperava, e inventava. Ma è anche molto opportuno rammentare che è
proprio questo il modo per restare italiani senza smarrire un
imponente patrimonio di cui dovremmo essere degni eredi. Questa
splendida Torino sotterranea ci fa rammentare quanto siamo
provinciali quando esploriamo le Chinatown degli altri. Cosi,
ispirato dal mio coetaneo, ho deciso di osare anche io: ristamperò
Salgari nella collana che dirigo, "I Delfini-Fabbri", farò uscire
nella tarda primavera I misteri della giungla nera e Le tigri di
Mompracem. In una lettura suggerita e guidata, i due libri, con
Giallo antico, costituiranno un' unità didattica.
Antonio Faeti (La Repubblica, ediz. di Bologna, 4 marzo 2000)
GIALLO ANTICO - Recensione da it.discussioni.giallo
Che Corrado Farina faccia il regista, lo si capisce fin dalla prima pagina
-verrebbe da dire "fin dalla prima inquadratura"- di Giallo Antico, il
suo secondo romanzo appena pubblicato dall'editore Fogola di Torino.
Fin dal primo istante e' chiaro, infatti, che si tratta di un racconto per
immagini e suoni, più che per parole: si inizia in "soggettiva", ascoltando
in lontananza i latrati di un cane del 1911 e vedendo un panorama che si rabbuia.
Poi si scopre che stiamo guardando attraverso gli occhi di un uomo che muore:
la luce che si affievolisce e' quella dei suoi occhi che si stanno spegnendo, e che
si abbassano ad inquadrare -dall'alto- un ventre squarciato e sanguinante.
L'immagine barcolla, cade, e l'obiettivo inquadra il cielo. E resta fisso
nell'azzurro per un tempo indefinibile, fino a quando lo schermo viene invaso
dalla sagoma di un aeroplano. Non siamo più all'inizio del secolo, ma quasi alla fine.
E ci sarebbe da scommettere che quel jet, uscendo di campo, si sta tirando dietro i titoli di testa.
Che Corrado Farina sia torinese -anche se vive a Roma "in esilio" da circa
trent'anni, come si legge nel risvolto di copertina- lo si capisce
immediatamente alla fine dell'antefatto di cui abbiamo appena parlato.
L'aereo che compare, all'improvviso, nel campo visuale di un uomo morto quasi
novanta anni prima, sta solcando il cielo sopra Torino: un cielo rimasto uguale
a quello di tanti anni fa, così come uguale e' rimasta -in tanti piccoli dettagli
che scopriremo via via che la vicenda si dipana- la città stessa e la sua anima più
profonda. Da quell'aereo sta scendendo un giovane studente romano che si trasferisce
a Torino per una tesi di laurea sulla storia del Cinema: e le sue indagini faranno
luce, in modo imprevedibile, su quella morte rimasta per noi misteriosa.
Passando -con una serie di magiche dissolvenze che restano l'elemento più suggestivo
del romanzo- dal Presente degli anni Novanta a un Passato che e' "passato" solo in
senso nominale, e che invece si rivela ancora vivissimo ed esplorabile, pur di avere
la voglia, la passione e l'amore di frugarci dentro come in una enorme bancarella di libri usati.
Che Corrado Farina sia (stato) un pubblicitario lo si capisce, invece, all'inizio del
capitolo secondo, quando entra in scena uno slogan pubblicitario destinato a percorrere
come un ossessionante filo rosso tutta la narrazione.
"Il passato e' passato", recita la frase -che dovrebbe pubblicizzare una minestra di
verdura ma che, come e' ovvio da quanto scritto poche righe sopra, si presta ad essere
letta e apprezzata in un senso più filosofico. Il doppio senso servirà più volte da
cerniera per gli impercettibii salti cronologici che permettono alla trama di svilupparsi
contemporaneamente su tre diversi piani temporali -un unico continuum in continua mutazione,
nel quale l'Oggi ha con lo Ieri un costante interscambio. Ma serve anche -ed e' una funzione
tutt'altro che trascurabile- a presentarci l'esilarante personaggio di un "creativo"
dell'Agenzia Testa che permette a Farina di prendere bonariamente in giro tutti i "tic" del
mondo dei pubblicitari... Un mondo che può sembrare surreale a chi non ci abbia mai lavorato
e che Farina -fra gli anni Sessanta e Settanta fra i più prolifici autori di "Carosello"-
conosce evidentemente meglio di quanto lui stesso non ritenga necessario.
Che Corrado Farina sia un bibliofilo, questo lo si capisce a più riprese all'interno del libro.
Per le bancarelle piene di tesori, per gli appunti rivelatori scarabocchiati chissà da chi
fra le pagine di un libro per ragazzi. Ma anche per le carte conservate al Museo del Cinema
di Torino, gli elenchi dei dipendenti di case di produzione oggi dimenticate. E perfino per
un curioso taccuino che raccoglie, in barba a tutte le recenti e ridicole leggi sulla privacy,
i nominativi di tutti coloro che si sono lasciati coinvolgere -anche in tempi lontanissimi- in
certi poco chiari giri di scommesse clandestine. Per non dire dei romanzi di Salgari, perché
proprio Salgari è il protagonista cardine di tutta la vicenda, tanto da meritare l'onore
della copertina. Ed ecco che Corrado Farina, già autore di un apprezzato documentario intitolato
Salgari della nostra infanzia, si rivela anche un salgarofilo.
Che Corrado Farina sia anche un cinefilo, sembrerebbe quasi pleonastico annotarlo. Il suo romanzo
precedente -Un posto al buio, di cui Giallo antico recupera a margine alcuni personaggi- ruotava
tutto attorno a una misteriosa sala cinematografica (torinese!) e a una serie di delitti ispirati a
celebri classici del cinema. E anche qui la storia del passato è strettamente connessa con gli
albori torinesi del cinema italiano, coinvolgendo quel Giovanni Pastrone che con Cabiria diede
al Cinema uno dei primi "kolossal" della sua storia allora nemmeno ventennale e oggi più che
centenaria. Pastrone e Salgari possono sembrare un accostamento curioso: ma Giallo antico prende
le mosse da una somiglianza sospetta fra Cabiria e il romanzo salgariano Cartagine in fiamme e
ne trae una serie di ipotesi quasi sicuramente non reali ma certo dotate di una inquietante e
fascinosa verosimiglianza.
Che Corrado Farina sia uno che nei suoi libri mette tutto se stesso, le sue passioni e i suoi amori,
lo si sarà capito, infine, leggendo queste righe. Righe nelle quali chi scrive ha cercato di parlare
del romanzo nel modo il più possibile obiettivo, e cercando di mascherare il suo entusiasmo. Un eccesso
di lodi avrebbe potuto dare adito a qualche sospetto: soprattutto in chi capirà solo leggendo la firma
che Corrado Farina è mio padre.
Alberto Farina